In questo articolo e nel nuovo episodio del podcast Brand Activism – La posta in gioco parliamo di Profitto con il Purpose.
Il rapporto annuale 2022 dell’Edelman Trust Barometer – che ha lo scopo di misurare la fiducia dei consumatori nelle diverse istituzioni – ha segnalato che, mentre la fiducia nei governi e nei media continua a scendere, le aziende sono sempre più spinte a essere promotrici del cambiamento sociale.
Il rapporto Edelman Trust Barometer
Mentre quasi un intervistato su due vede il governo e i media come forze divisive nella società, il 61% ha dichiarato di considerare le aziende come una fonte affidabile di informazioni. Le aziende sono anche considerate più etiche rispetto ai Governi. Grazie a questa maggiore aspettativa nei confronti delle aziende di assumere un ruolo guida nell’affrontare le questioni chiave, si presenta un’opportunità unica per le imprese di affermarsi come organismo che fa del bene e contribuisce a migliorare il mondo. Ma le aspettative sono elevate. Il rapporto di Edelman ha anche rilevato che il 52% degli intervistati ritiene che le aziende non stiano facendo abbastanza per affrontare il cambiamento climatico, mentre il 49% pensa che si debba fare di più per affrontare la disuguaglianza economica.
Brand activism: la fiducia è alla base del capitale sociale
La fiducia è uno dei pilastri più essenziali del capitale sociale, per cui le aziende, per conservare e addirittura consolidare la fiducia dei consumatori, devono cogliere proattivamente questa opportunità. Il primo passo per raggiungere questo obiettivo è riconoscere che le tradizionali pratiche di responsabilità sociale d’impresa del passato non sono più sufficienti. Fin dall’inizio dell’idea, la CSR è stata percepita principalmente come un mezzo per mitigare il rischio di reputazione. A tal fine, qualsiasi considerazione per questioni sociali più ampie si limita di solito a rafforzare l’immagine di un marchio e a generare l’accettazione del pubblico, passando in secondo piano rispetto a ciò che determina il profitto. Tuttavia, come evidenziato anche dal rapporto di Edelman, oggi ci si aspetta di più dalle aziende da cui acquistiamo; più della metà dei consumatori acquista o sostiene marchi basandosi esclusivamente sulle proprie convinzioni, mentre sei dipendenti su 10 scelgono i datori di lavoro in base a convinzioni e valori condivisi.
I clienti non solo preferiscono che un’azienda sia etica, ma se lo aspettano e potenzialmente lo premiano, il che significa che il comportamento responsabile e la generazione di profitti vanno ormai di pari passo.
Profitto con il Purpose: il comportamento delle imprese
Se in passato molte aziende avevano paura di esprimere la propria opinione e polarizzarsi quando si trattava di affrontare questioni sociali controverse, ora il rischio è quello di rimanere ambigui: se non si agisce, i consumatori avranno la sensazione che la nuova fiducia che ripongono nelle aziende sia mal riposta.
Prendiamo ad esempio Facebook: il gigante dei social media (ora noto come Meta) è da tempo noto per la sua riluttanza a intervenire nei dibattiti politici, soprattutto quando si tratta di moderare i contenuti odiosi e la disinformazione sulle sue piattaforme. Tuttavia, quando una campagna denominata #StopHateForProfit ha invitato le aziende a smettere di finanziare le pubblicità sul sito per protesta, più di 1.000 inserzionisti hanno aderito pubblicamente, danneggiando sia la reputazione a lungo termine dell’azienda che i suoi profitti.
Al contrario, attraverso l’attivismo le imprese possono sviluppare legami stretti con i loro clienti e, a loro volta, ispirare la fedeltà al marchio e la difesa dei consumatori. Mentre le pratiche tradizionali di Responsabilità sociale di impresa possono essere viste come fredde, prendendo posizione su questioni che interessano i consumatori, i dipendenti e altri importanti stakeholder, le imprese si rivolgono a loro condividendo un terreno comune, contribuendo a costruire il capitale emotivo che è fondamentale per creare e mantenere la fiducia.
Gli esempi positivi di Brand Activism
Nel frattempo, i leader aziendali dovrebbero essere consapevoli che si tratta indubbiamente di una mossa rischiosa e che per molti potrebbe rappresentare un passo verso l’ignoto. Negli ultimi anni, non sono mancati esempi di aziende che hanno sofferto per aver fatto mosse sbagliate e gestito male il brand activism.
Tuttavia, aziende come Patagonia, spesso lodata per il suo lavoro di promozione della sostenibilità nella moda di cui vi abbiamo già parlato, e Ben & Jerry’s, anch’esso protagonista di un nostro episodio, che ha una lunga storia di lotta per affrontare le disuguaglianze sociali e razziali, sono esempi lampanti di come una strategia di attivismo aziendale ben ponderata possa dare i suoi frutti.
Brand activism – La posta in gioco: Profitto con il Purpose
Lo abbiamo detto molte volte: oggi i consumatori chiedono in modo sempre più insistente che le aziende prendano posizioni chiare su temi etici di rilevanza sia ambientale sia sociale. I clienti pretendono che le imprese siano più vicine alle questioni che toccano gli individui nel profondo delle proprie convinzioni e dei propri valori. Per i brand si tratta quindi di aderire a principi etici che in qualche modo siano anche legati al business. Per farlo è importante lavorare su tre livelli del purpose.
Scoprilo ascoltando il nuovo episodio del podcast Brand Activism – La posta in gioco “Profitto con il purpose”.