La testimonianza di Zuckerberg in breve

Il fondatore e CEO di Facebook, Mark Zuckerberg, ieri ha testimoniato davanti a 44 senatori del Congresso degli Stati Uniti d’America.

Una testimonianza per certi versi molto legata alla politica, con un focus sulle elezioni americane tra ingerenze della Russia e Fake News, da cui Zuckerberg è uscito poco ammaccato. Domande e richieste di chiarimento spesso ovvie, non troppo tecniche e volte più al chiarimento.

Ecco i punti più importanti emersi, con qualche considerazione:

  • Ci sarà sempre un Facebook gratuito, servirebbe un business model totalmente differente per l’abbonamento alla piattaforma, anche se l’ipotesi non è esclusa. Del resto, Spotify, Youtube Red, più recentemente Vero si sono orientate verso questa via, ma la differenza di adv è notevole, più fastidiosa e diversa dal contenuto – non è un caso che in Italia 1 persona su 3 non riesca a distinguere una sponsorizzata da un post di pagine e amici.

 

  • L’indagine sulle app, per scoprire altre Cambridge Analytica, è in corso. L’accesso tramite API ha permesso a molte app, infatti, di avere a disposizione alcuni dati degli utenti. Se queste app abbiano venduto o meno questi dati ad altre aziende di consulenza data driven come CA è da stabilire, ed è una delle priorità del team (che ha già ridotto le API delle sue applicazioni e regolato meglio l’utilizzo).

 

  • La privacy policy è difficile da comprendere. Questa la nota di alcuni senatori. Oltre a far notare come sia un ambito difficile per tutti – ha fatto notare il founder di Zuckerberg – Facebook fornisce informazioni sufficienti agli utenti su come vengono utilizzati i loro dati e su come impostare maggiore privacy – cosa che spesso non fanno. Inoltre, Facebook non vende i nostri dati, ma li mette a disposizione anonimizzati per le inserzioni.

 

  • Prevenire altre interferenze nelle elezioni è una priorità del team di Facebook, stringendo i controlli su bot, profili falsi, gruppi e inserzioni provenienti da paesi come la Russia o altre fonti destabilizzatrici – ricordiamo che i social network sono stati decisivi nella campagna di Trump, e che probabilmente lo scarto di vittoria è dovuto a una pesante campagna proveniente dalla Russia.

 

  • I primi 10-12 anni della azienda si sono concentrati sulla costruzione dei tool, dal dormitorio di Harvard fino al successo. Questo ha fatto sì che ci si confrontasse più avanti con i problemi, impossibili da prevedere. Facciamo un esempio. Avendo dato uno strumento gratuito come i live, possiamo prevedere che qualcuno giochi alla roulette russa, sparandosi in diretta magari davanti a un pubblico di ragazzini?


Forse è un po’ eccessivo demonizzare la piattaforma, quando i responsabili delle – anche – atrocità commesse con essa sono gli utenti.

Un controllo maggiore, tra AI o il team quasi tutto umano che controlla le migliaia di segnalazioni che arrivano ogni ora a Palo Alto, rende questo strumento più libero, migliore da utilizzare o più stringente?

E per chi invece con Facebook ci lavora, qual è il grado di libertà che si ha, quando normative sempre più stringenti o ban si scagliano contro campagne per l’elezione, vendita di prodotti o servizi (criptocurrency ec…), o aziende data-driven che si ritrovano senza tool? Perdonateci, siamo pur sempre anche noi un’azienda di comunicazione e marketing.

Facebook è la nuova politica, e Mark Zuckerberg fino a poco tempo sembrava vicinissimo a una campagna elettorale. Che potrebbe, in fondo, essere ancora realtà.

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